Diciamo grazie a don Natalino Bartolomasi che ha lanciato un sasso nelle acque ormai stagnanti sulla questione delle origini di san Restituto.
Ha voluto vederci chiaro, al di là di quanto attestano i codici manoscritti: di codice in codice sempre la stessa musica, San Restituto fu costruita in quel luogo perché doveva servire tre comunità parrocchiali.
Unico tra gli storici che conosco usava recarsi sul posto oggetto di indagine, fotografava, poi dopo ponderata riflessione, scriveva. Così fece anche in questo caso e dalle sue riflessioni risultò un testo che il lettore trova qui di seguito.
Ne è risultata una soluzione totalmente diversa, qualcosa che allarga lo sguardo fino all’età pagana per trovare lì ben altra ragione.
Una soluzione che io ho accettato subito, che certamente considero solo come ipotesi ma una ipotesi intelligentemente fondata.
Gli scavi da lui auspicati per ottenere un accertamento eventuale della sua ipotesi, sono stati eseguiti e io li ho seguiti personalmente. Lui non c’era più.
Faccio pertanto menzione di quanto ho constatato nel corso della operazione.
Riguardavano la zona dove la famosa sorgente d’acqua così tanto condizionante la vita della struttura sbocca in profondità: esattamente nell’angolo di confluenza, a monte, della parete ovest, verso Rollieres, e della parete nord in corrispondenza del presbiterio.
Ad un certo punto comparvero pietre bianche consistenti, in modo da accennare un semicerchio. Era però incompleto. Mi pareva di trovare in quelle pietre qualcosa che potesse rimandare a una fonte. Chiesi alla Sopraintendente di fermarsi ma mi bloccò con un veloce” è troppo poco quello che è rimasto per dimostrare l’eventuale fonte che lei ha in mente. In effetti a causa di scavi precedenti quella località era già stata manomessa.
Ricordo comunque di aver fotografato l’immagine che descrivo. Fotografia che conservo in archivio. don Paolo
Si propone di seguito il brano di don Bartolomasi tratto dal libro cit.
“ L’opinione comune che la chiesa di san Restituto sia sorta in quel sito, perché doveva servire tre comunità diverse e tra loro lontane: Sauze di Cesana, Champlas e Rollieres a me sembra poco convincente; sia perché il genio del cristianesimo tende, salvo particolari ragioni di carattere non geografico ma devozionale, a far nascere le chiese tra le case; sia perché altri casi di comunità tra loro lontane non hanno avuto soluzione analoga: si pensi, ad esempio, alla chiesa di Rubiana, che serviva pure le comunità di Favella e di Mompellato per le quali l’equidistanza era miraggio neppure da sognare!
Nei resoconti delle visite pastorali che, dopo il Concilio di Trento, tra i secoli XVI e XVIII si susseguono con una certa frequenza e regolarità, troviamo che l’isolamento di quella chiesa faceva problema per i vescovi. Nel 1771, il D’Orliè, primo vescovo di Pinerolo, nella cui giurisdizione si trovava allora tutta l’Alta Valle, faceva scrivere che”l’eglise paroissiale de S. Restitut” era “construite fort mal a propos hors de l’habité”.
Il D’Orliè dunque non giustifica l’isolamento con l’equidistanza: non vi accenna neppure! Egli solo osserva come sia un’incongruenza (uno sproposito, anzi fort mal a propos!) che una chiesa parrocchiale” sia costituita fuori dell’abitato”.
Scartata allora la ragione della equidistanza, ci si domanda quale motivo indusse gli antichi cristiani della valle di Cesana a costruire la loro chiesa in un luogo tanto scomodo e, dal punto di vista edilizio, così infelice. Quel sito infatti non solo presenta difficoltà logistiche, ma da sempre S. Restituto è minacciato da corrosive infiltrazioni d’acqua. La leggera ma evidente pendenza del pavimento della chiesa, declinante dal presbiterio all’atrio, sembra appunto essere stata studiata allo scopo di favorire il deflusso delle acque. Di fatto, il primo problema oggi affrontato, con notevole dispendio di energie, soldi e tempo, per l’attuale restauro, fu proprio l’imbrigliamento e la conseguente canalizzazione delle indisciplinate vene sorgive. L’acqua dunque è il primo nemico di S. Restituto. Eppure, paradossalmente, proprio questo elemento sembra voler offrire, alla nostra indagine, la traccia per risalire il misterioso sentiero delle origini di questo monumento.
E’ noto che nell’antichità pagana la nostra valle era molto legata al culto delle acque. Il Glabro e il Chronicon Novaliciense ne attestano la sopravvivenza nel Medioevo. Da ciò l’ipotesi che il sito in cui sorge la nostra chiesa sia stato, in antico, luogo sacro a qualche divinità protettrice delle fonti. Qui forse, come nel non lontano Richardet, poco sopra Oulx, dove tali divinità erano onorate non solo dagli indigeni, esistette in epoca pagana un sacello, cui venivano le genti ad offrire voti e preghiera implorando salute e favori.
Chissà se un giorno, come appunto è avvenuto al Richardet gli scavi archeologici verificheranno l’ipotesi. Intanto non sarà fuori luogo ricordare che durante i recenti scavi, compiuti nel restauro dell’operazione “Salviamo S. Restituto” (estate 1986) si scoprì, presso l’angolo nord ovest dell’abside, una vena d’acqua sorgiva che zampillava da lastre di argilloscisti neri.” N. Bartolomasi, vol. cit. p.114 e ss.